I rapporti di coppia si sa, quelli soprattutto che durano da qualche anno, possono andare incontro a noia e abitudine.
Le coppie che intraprendono un percorso di terapia possono, tra i tanti temi, portare quello scottante dell’infedeltà (o di fantasticare un tradimento); in altri casi, l’infatuazione o l’innamoramento vero e proprio per una terza persona.
Non solo, alcuni pazienti fanno, dell’intraprendere ciclicamente nuove relazioni, il loro stile di vita.
Non si tratta solamente di quelle situazioni in cui la persona sta mettendo in dubbio la propria relazione “ufficiale” ma anche di quelle modalità in base alle quali alcuni individui vivono le relazioni solo finché durano passione e attrazione evitando di inoltrarsi in una storia sentimentale assumendosene anche gli “svantaggi”.
Che si tratti, quindi, della scelta tra una relazione e un’altra o tra uno stile di vita e un altro, si aprono inevitabilmente riflessioni circa la strada da percorrere. Molti sono combattuti tra la stabilità emotiva di un sentimento, seppur tiepido, e l’imprevedibilità di un amore passionale, della sua dimensione erotica ed eccitante, dei suoi alti e bassi.
Ma vediamo cosa succede al nostro corpo e alla nostra mente quando attraversiamo le fasi dell’innamoramento e dell’amore.
Alcuni autori suddividono l’instaurarsi di una relazione sentimentale in quattro fasi: attrazione, innamoramento, amore e attaccamento.
Secondo le neuroscienze, all’inizio di ogni relazione, siamo dominati da specifici neurotrasmettitori (sostanze simili alle amfetamine) come la dopamina, la norepinefrina e la fenitilamina (PEA) e dal sistema mesolimbico che ne regola la produzione; per poi passare, con il trascorrere del tempo a concentrazioni più elevate di ossitocina (l’ormone dell’amore e della tenerezza), di serotonina ( neurotrasmettitore alla base del buon umore) e di vasopressina (alla base del senso di possesso e della gelosia).
Alti livelli di ossitocina e vasopressina interferiscono con la produzione di dopamina e norepinefrina; ciò spiega perché ad un certo punto, in un rapporto, ci si senta “sazi” da un punto di vista passionale, il desiderio si riduca ed emergano le dimensioni dell’attaccamento e della tenerezza.
A tal proposito, alcuni importanti autori tra i quali Liebowitz (1983), Money (1980) e Fisher (1992), hanno sottolineato che la durata dell’innamoramento e della passione è al massimo di 3-4 anni per poi trasformarsi in un’esperienza “tiepida” ma stabile.
Nei rapporti di coppia gli ormoni o i neurotrasmettitori a guidare le nostre scelte in amore?
Non solo, e aggiungerei per fortuna!
Da un punto di vista psicologico, sicuramente l’esperienza di una nuova appassionata storia d’amore ci fa sentire desiderati, amati, visti, voluti, perfino attraenti; d’altra parte, una relazione che dura da tempo offre una percezione di stabilità che non promette “fuochi d’artificio” ma permette di vivere in uno stato permanente di equilibrio.
Ma allora cosa rispondere ai pazienti che mi chiedono (e si chiedono) quale sia la strada “migliore”, quale possa essere la loro “indole”, se vivere di passione (alcuni pazienti la descrivono come “essere sulle montagne russe”) sia meglio che “rassegnarsi” ad una situazione abituale e nota che però non “scuote a sufficienza”.
Innanzitutto, è fondamentale chiedersi cosa ci spinge a fare una scelta piuttosto che un’altra, quali sono i bisogni o i desideri che vogliamo soddisfare e se stiamo attraversando una particolare fase della vita; ci sono persone “dopaminergiche” che preferiscono vivere di effetti pirotecnici; altre che cercano tranquillità ed equilibrio nella relazione e certezza nella presenza del partner.
Non sembra esserci una strada migliore o peggiore; ognuna delle possibilità offre emozioni seppur tra loro diverse.
A proposito della relazione amorosa e del suo carattere intrinsecamente instabile e precario, M. Recalcati, ci viene in aiuto affermando che “l’amore che dura resiste alla spinta corrosiva del godimento fine a sé stesso e rifiuta l’illusione che la felicità sia nel Nuovo, in ciò che ancora non si possiede […] esso (l’amore) non vive la gioia di un attimo, ma esige ostinatamente la sua infinita ripetizione perché è solo nella ripetizione che si può manifestare il vero volto, il solo credibile, del Nuovo…[…] Ogni volta lo Stesso e ogni volta sempre nuovo”.
Certo, la scelta di vivere fino in fondo una relazione e attraversarne i suoi scossoni comporta impegno, devozione, motivazione.
Più mi addentro in una relazione più devo lavorarci su.
La terapia di coppia ha il difficile compito di accompagnare nell’affrontare tali difficoltà e, quando possibile, rendere insperabilmente rinnovato ciò che sembrava già conosciuto.
Rendere quindi “nuovo” qualcosa di stabile e “stabile” qualcosa di nuovo.
Riferimenti bibliografici:
- Attili G., Il cervello in amore. Le donne e gli uomini ai tempi delle neuroscienze, Ed. Il Mulino, 2017.
- Dettore D., Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale, Ed. McGraw-Hill, Milano, 2001.
- Recalcati M., Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
I rapporti di coppia – Silvia Lelli
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