Sessualità nella terza età
C’è una fase della vita nella quale la vicinanza, l’intimità e la complicità all’interno di una relazione di coppia subiscono una trasformazione, un’evoluzione.
E’ la cosidetta “terza età”, termine oramai non più utilizzato.
E’ difficile parlare di Sessualità nella terza età; l’anziano non è riconosciuto come soggetto “erotico” (U. Galimberti, 2010). I desideri in questa fase della vita, in special modo quelli di natura intima e sessuale, sono letti come “superflui”, se non “sporchi” e “inopportuni”. Per altro, oggi le definizioni quali “New Old Age”, “Nouvel Age” e “Età inedita” rimandano all’idea di una prospettiva di vita più lunga e di una nuova “stagione” che si apre e che vuole essere scoperta, svelata.
La coppia “over” è una coppia che attraversa inevitabilmente un momento di crisi; crisi come “passaggio” che ha la funzione di rinegoziare il significato della relazione e di conseguenza delle dimensioni dell’affettività e della sessualità. La fine della vita lavorativa impone alla coppia un confronto. La coppia si ritrova, senza la giustificazione del lavoro e a volte senza la presenza dei figli, a fare una sorta di bilancio “emotivo” (Marina Anzil, 2014)
La sessualità è, con tutta probabilità, uno degli aspetti che maggiormente risente dei cambiamenti sociali, fisici e psicologici della coppia.
Le inevitabili modificazioni fisiche e ormonali (menopausa e andropausa), vissute come una inarrestabile perdita, comportano una differente percezione, soprattutto tra uomo e donna. Quest’ultima, non più fertile e con un minore desiderio sessuale, può sentirsi meno femminile e attraente; l’uomo tende invece a esorcizzare tale cambiamento con una sessualità “agita” a tutti i costi quale conferma di un proprio “vigore” mai del tutto assopito. Oggi, sempre più apparati (es. farmaci) aiutano a vivere e ad agire la sessualità in modo non più discontinuo; il desiderio sessuale, in particolar modo nelle coppie over, viene “aiutato” sempre più frequentemente da supporti esterni. In questo modo però il rischio è che l’agire sessuale venga vissuto come capacità che non può andare persa.
Dice Schnarch (2001) che “il culmine sessuale non corrisponde al culmine genitale” ovvero la donna e l’uomo maturi, se dipendenti tutta la vita dall’idea di prestazione sessuale, tendono a risentire in maniera maggiore del processo di invecchiamento e di una “risposta” che non è più la stessa.
Ma se questi hanno saputo coltivare un investimento emotivo nei confronti del o della partner e hanno saputo cimentarsi nella ricerca dell’intimità come vicinanza emotiva all’altro/a, la “vecchiaia” può diventare un occasione, l’occasione per scoprire il loro “potenziale sessuale” e liberarsi dagli aspetti di “performance”.
L’erotismo, il desiderio e l’unione emotiva divengono dimensioni fondamentali in questa fase di vita: abbellire il sesso con l’erotismo, renderlo quindi stuzzicante e sexy, trasformare il desiderio per il rapporto nel desiderio durante il rapporto (Schnarch, 2001), cavalcare l’unione emotiva con l’altro/a e infine osare l’intimità (“cadere insieme dalla stessa parte rispetto al resto del mondo” come la definisce Francois Jullien). Tutto ciò lascia spazio a sentimenti e a pensieri e a una “stimolazione complessiva” che non è più vincolata solo all’aspetto “genitale”.
Fare l’amore, quindi, non si riduce più all’atto sessuale in sé (intercourse) ma coinvolge attraverso le coccole, le carezze, il gioco, la stimolazione di tutte le zone erogene, i sensi, il corpo e l’anima (outercourse).
Afferma ancora Schnarch: “La maggior parte delle persone non raggiunge mai il proprio periodo migliore sessuale fino ai loro quaranta, cinquanta, sessant’anni. Una sessualità che abbia un significato profondo è determinata più dalla maturazione personale che dai riflessi fisiologici”.
L’autunno della vita può allora, nell’annunciare il suo inverno, esplodere in tutta la sua bellezza con colori nuovi, vivi e inaspettati.
Sessualità nella terza età può incantare ed entusiasmare come una seconda inattesa primavera.
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